A tutto questo si affianca il recupero della ormai abbandonata scuola rurale di Pruno. In questo edificio sono racchiusi tanti ricordi di bambini prunesi ormai diventati adulti e di tante maestre e maestri che si sono “fatte le ossa” in questa scuola di frontiera.
I docenti che arrivavano a Pruno, soggiornavano nella valle perché non c’erano buone vie di collegamento, e per le difficoltà degli spostamenti (mi sono stati narrati episodi eroici,impensabili ai nostri tempi) stabilivano la loro residenza in una stanza della scuola, dove avevano il necessario per vivere e condividere l’aspra vita degli abitanti di Pruno. Eppure, ogni insegnante che è stato a Pruno, conserva un buon ricordo dei momenti passati in compagnia delle multi classi formate dai piccoli e grandi pastori.
Ricordi struggenti, forse legati alla nostalgia di “quanto si era giovani”che sono patrimonio collettivo della comunità.
Mi permetto a questo proposito, di ricordare l’indimenticabile nella scuola del Prof. Ciccio di Trentinara, il cui operato a Pruno si è caratterizzato per la grande umanità e bontà che ispirano le azioni socio-pedagogico del compianto Francesco Guglielmotti.
La scuola si è chiusa nel 1984 ed i prunesi saranno sempre grati ai tanti docenti che di sono alternati, con coraggio e umiltà, in questa valle, allo scopo di porgere un minimo di alfabetizzazione a queste popolazioni rurali del sud-dimenticato.
L’edificio, ormai svuotato della sua passata funzione, sarà destinato a diventare un “centro di accoglienza”, per i probabili futuri “viaggiatori”che intendono fermarsi e soggiornare a Pruno.
In questo posto si potranno trovare tutte le informazioni inerenti l’offerta di servizi, saperi e saperi dell’intera vallata e dei territori circostanti.
Non meno importante ruolo che ex scuola dovrebbe svolgere è quello di diventare sede delle attività sociali della popolazione di Pruno, con la funzione catalizzatrice dei momenti culturali e pratici della vita di una comunità contemporanea di pastori e contadini del Cilento interno. A questo proposito mi vorrei soffermare a quella che, per me, dovrebbe essere la figura di un contadino-pastore contemporaneo.
Non un imprenditore della terra, figura appartenente alla categoria economica, ma una figura sociale che affonda le sue radici nella tradizione ma che è consapevole, nello stesso momento, di doversi confrontare con i processi di globalizzazione contemporanei.
Di conseguenza si richiede a questa nuova figura, la forza “esistenziale” per adeguare le proprie azioni nella direzione di una elastica specializzazione , caratterizzazione e differenzazione della propria attività.
Ospitalità rurale.
L’ultimo e necessario anello, che permette di chiudere il sistema di accoglienza nella valle, è certamente la possibilità di offrire una “ospitalità rurale ai viaggiatori”. La “casa del pane”, la “casa del latte”, la “casa dell’acqua” la “casa del sale”, la “casa del vento”, la “casa delle arti”, la “casa del legno”, la “casa della ciuccia”, la “casa di paglia”……
Queste case sono sparse in tutta la valle: una parte di esse in progettazione mentre altre sono state recuperate con i lavori di recupero del “patrimonio culturale e architettonico” del vecchio progetto per Pruno. “Vecchio Progetto” a mio avviso, si sarebbe potuto fare molto meglio, magari svincolandosi un poco dall’abbraccio mortale della burocrazia che induce a “premiare” le imprese e i progettisti che fanno il loro lavoro “in economia”, a discapito di una progettualità ed esecuzione di qualità, che sarebbe potuto diventare un fiore all’occhiello delle classi politica locale.
Mi sarebbe piaciuto che le finalità innovatrici delle premesse socio-economiche della progettualità non fossero snaturate e che Pruno sarebbe potuto essere quel “laboratorio sperimentale a cielo aperto” che era stato immaginato all’inizio del percorso progettuale, e che poteva essere un esperienza pilota che dimostrasse come un territorio così importante di un area protetta, potesse essere e diventare un stimolo per la pianificazione di altre azioni di “sviluppo sostenibile”di simili aree del Cilento.
Ma, tutto questo ci induce in altri discorsi che riguardano la gestione politica dell’intero territorio italiano, che non è l’oggetto di approfondimento di questo testo.
Pur raccogliendo questa l’invito di alcuni coraggiosi amministratori ed uomini di cultura del territorio, a cogliere gli aspetti positivi di questi processi di sviluppo che sottraggono queste zone all’arcaico immobilismo sociale che ha un giustificato timore di ogni elemento di “nuovo”, volevo solo chiudere questa breve ma, amara considerazione con un “si sarebbe potuto fare di più….. e meglio……”.