Acqua  figlia  delle  montagne  e  poesia  alta   

l’osso  dell’appennino  è nudo

ed  anche  il  re

 

Poesia di Rocco Scotellaro
Ho perduto la schiavitù contadina

In una calda notte di luglio due mercanti in una fiera paesana del sud decisero per pochi soldi il futuro di un ragazzo: lo fecero salire su un treno. Giunse nel cuore della notte in una città. Il luogo del suo lavoro gli apparve immerso in una strana oscurità, senza luna: non era più schiavo dei disagi e del duro lavoro nei campi, ma nella città conobbe l’esilio.
Strappato in quella calda sera di luglio al suo mondo, il poeta sente che le sue radici sono gli alberi e gli animali: la terra da cui trassero alimento lui e i suoi familiari; i sentieri sui monti, dove le donne, inerpicandosi, gli sembravano rondini.
Privato del calore dei rapporti umani e del conforto di un paesaggio a lui familiare, il . poeta si sente ora in esilio.
Nella città il suo tempo è scandito dalle corse dei mezzi pubblici, dal fare e disfare le valigie, dai rapporti anonimi con la gente, indifferente al suo riso e al suo pianto: è un condizionamento a vivere secondo schemi e automatismi che risulta più schiavizzante della schiavitù contadina.

Ho perduto la schiavitù contadina,
non mi farò più un bicchiere contento,
ho perduto la mia libertà.
Città del lungo esilio
di silenzio in un punto bianco dei boati,
devo contare il mio tempo
con le corse del tram,
devo disfare i miei bagagli chiusi,
regolare il mio pianto, il mio “sorriso.
Addio, come addio? distese ginestre,
spalle larghe dei boschi
che rompete la faccia azzurra del cielo,
querce e cerri affratellati nel vento,
pecore attorno al pastore che dorme,
terra gialla e rapata
che sei la donna che ha partorito,
e i fratelli miei e le case dove stanno
e i sentieri dove vanno come rondini
e le donne e mamma mia,
addio, come posso dirvi addio?
Ho perduto la mia libertà:
nella fiera di Luglio, calda che l’aria
non faceva passare appena le parole,
due mercanti mi hanno comprato,
uno trasse le lire e l’altro mi visitò .
Ho perduto la sçhiavitù contadina
dei cieli carichi, delle querce,
della terra gialla e rapata.
La città mi apparve la notte
dopo tutto un giorno
che il treno aveva singhiozzato,
e non c’era la nostra luna,
e non c’era la tavola nera della notte
e i monti s’erano persi  lungo la strada.

 

da È fatto giorno