GIORNATA DI FORMAZIONE

L’ASSOCIAZIONE L.O.S.A.P.  in collaborazione con TEMPA DEL FICO ORGANIZZA  A PRUNO DI LAURINO  DOMENICA 30 NOVEMBRE 2014  ORE 10

Sviluppo delle metodologie di molitura e caratteristiche delle farine ottenute

A questo incontro di formazione con pranzo conviviale  è possibile partecipare previo prenotazione 

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La qualità del pane, il suo grado di raffinazione e il suo colore, sono
inevitabilmente legati sia alla qualità del grano utilizzato che alla tecnica
molitoria e quindi alla farina utilizzata.
Storicamente si è sempre riscontrata la tendenza a preferire pane bianco
ottenuto con farine altamente raffinate. Intorno al XV secolo in Francia nei
periodi di carestia, i forni arrivavano a produrre fino a sette tipologie diffe
renti di pane, più o meno neri, ottenuti con farine, o forse sarebbe meglio
dire con crusche, diversamente raffinate. Al contrario in periodi di relativa
abbondanza si produceva pane migliore e le tipologie di pane prodotto
scendevano normalmente a tre: il pane bianco, quello scuro non abburat
tato (integrale), un pane intermedio parzialmente abburattato contenente
abbondante cruschello ma privato della crusca (Braudel, 1979). Quando
le condizioni economiche lo permettevano si produceva quindi pane più
chiaro confermando la spontanea tendenza della popolazione a consumare
pane bianco. In Inghilterra, durante la seconda Guerra Mondiale, si do
vette proibire per legge la produzione di pane con farine abburattate per
più del 90%. Queste dinamiche risultano facilmente spiegabili. Per produrre
pane bianco è necessario scartare una quantità maggiore di cariosside (tutti
i tegumenti, lo strato di aleurone ed il germe) riducendo così fortemente
la resa in farina (del 25-30% per ottenere pane completamente bianco) ed
aumentandone inevitabilmente il prezzo. Da questa rapida analisi risulta
quindi evidente come, in periodi di abbondanza, si preferisca sempre il
“pane bianco” anche se è da sottolineare che questa tipologia di pane ri
marrà per lunghi secoli prerogativa delle classi più agiate. Questa secolare
preferenza per le farine ed i pani bianchi ha portato la tecnica molitoria
verso lo sviluppo di avanzate metodologie di trattamento del grano. Tali
tecniche permettono di ottenere farine molto raffinate che contengono qua
si esclusivamente la frazione della cariosside relativa all’endosperma amila
ceo (parte più interna del chicco). I moderni mulini a cilindri sono diventati
di uso comune nella prima metà del novecento. Questa tipologia di mulino
opera riducendo le cariossidi in frazioni con granulometria decrescente,
grazie al loro passaggio attraverso cilindri rotanti, opportunamente di
stanziati. Le varie frazioni così ottenute vengono poi ulteriormente ridotte
sempre mediante l’uso di cilindri rotanti con superficie abrasiva. Grazie a
questo tipo di tecnologia è possibile asportare gradualmente, per strati suc
cessivi, i tegumenti del frutto e del seme, lo stato di aleurone ed il germe.
Ciò rende possibile la produzione di farine molto raffinate riuscendo allo
stesso tempo a mantenere rese elevate.
La resa alla molitura è definita come la quantità di farina ottenuta in
percentuale sul grano macinato. La resa media in farina bianca dei moder
ni mulini a cilindri è del 70-73%, valore quantitativamente vicino a quello
dell’endosperma amilaceo sul totale della cariosside. La resa dei mulini a
cilindri è regolabile a piacimento dall’operatore. Si possono così ottenere
rese più basse per avere farine estremamente raffinate fino ad arrivare al
100% di resa (farina integrale) quando tutte le frazioni di farina in uscita
dal mulino vengono mescolate.
Prima dell’avvento dei mulini a cilindri, il grano veniva comunemente
lavorato per mezzo di mulini a pietra. Questi, azionati normalmente ad
acqua o a vento, avevano la caratteristica di frantumare le cariossidi con
un’unica operazione di schiacciamento. Così operando, si otteneva in un
primo momento farina integrale che successivamente, mediante il processo
di abburattatura, poteva essere raffinata separando, mediante vagli di di
versa finezza: la crusca, il cruschello e le parti più grossolane dalla farina
fine. Questo processo rendeva così possibile un completo rimescolamento
di tutte le frazioni della cariosside che venivano separate solo nell’ultima
fase della lavorazione. In questo caso quindi, al contrario di quello che
avviene nei mulini a cilindri, il livello di raffinazione della farina, che deter
mina la resa, veniva regolato successivamente alla fase di molitura.
La macinazione del chicco in un’unica soluzione causa la formazione di
piccolissime particelle di tegumenti seminali, del frutto e dello strato di
aleurone che inevitabilmente andavano a finire nella farina. Si hanno così,
per mezzo di mulini a pietra, anche al massimo grado di abburattatura,
farine più scure, più ricche di fibre e ceneri, elementi di cui sono ricchi i
tegumenti esterni e lo strato di aleurone. Per quello che riguarda la legi
slazione attuale, la classificazione del grado di raffinazione delle farine in
“00”, “0”, “1” e “2” avviene sulla base del contenuto di ceneri e di protei
na
 Per i motivi sopra elencati è molto difficile ottenere farine con
un contenuto di ceneri estremamente basso, utilizzando mulini a pietra.
Al contrario con il mulino a cilindri, a parità di grado di estrazione della
farina, si ottengono farine molto meno ricche di ceneri e fibre. Mediante
i mulini a pietra è difficile produrre farine estremamente raffinate come la
“00”, al contrario di quanto accade nei moderni mulini a cilindri.
L’altro aspetto che differenzia nettamente la molitura a pietra da quella
a cilindri è il trattamento del germe. Attualmente, con i moderni mulini, si
tende ad eliminare il germe durante il processo di molitura. Questa scelta è
dovuta in primo luogo all’alto contenuto di lipidi ed enzimi di vario genere,
che possono dare luogo a processi d’irrancidimento ed in generale accele
rare i processi degradativi della farina compromettendone la conservabilità
nel tempo. Un altro motivo per cui il germe viene eliminato dalle farine è
legato al suo contenuto di pigmenti che contribuirebbero inevitabilmente
a rendere più scura la farina e di conseguenza il pane. Effettuando invece
la molitura con macine in pietra, i costituenti del germe vanno a far parte
della farina. Il risultato è che mediante molitura a pietra si ottengono fari
ne meno conservabili e più scure ma più ricche di minerali, vitamina B-uno
, B-due e B-6, elementi di cui il germe è ricco.

Da questa analisi risulta quindi chiaro che, variando la metodologia di
molitura e l’efficienza di estrazione della farina (resa), si vanno a modificare
considerevolmente i costituenti della farina e quindi del pane. Nella tabella
6 sono riportate le principali differenze tra farine ottenute per mezzo di
mulini a cilindri e a pietra alla resa dell’80%. Come si può notare, a parità
di resa, il colore, il contenuto di fibra e di vitamina B
, risulta maggiore
nelle farine ottenute mediante macinazione a pietra, mentre il contenuto
di ceneri (minerali totali) risulta sostanzialmente uguale per le due diffe
renti metodologie di lavorazione. È interessante notare che, aumentando
il livello di raffinazione della farina al 70%, il contenuto di ceneri rimane
sostanzialmente invariato nella farina macinata a pietra (0,62%) mentre
diminuisce (0,41%) in quelle macinate con mulini a cilindri. Ciò indica
chiaramente che, per mezzo di quest’ultima tecnica di molitura ed a questo
livello di estrazione, è possibile separare gran parte dello strato di aleurone
(tessuto che contiene la maggior parte delle ceneri della cariosside) dalla
farina fine. Risulta quindi evidente che la difficoltà di asportare lo strato di
aleurone, nella macinazione a pietra, è il principale vincolo alla produzione
di farina “00”.
Andando ad analizzare più attentamente come le diverse rese alla mo
litura influiscano sulla composizione della farina si nota chiaramente che
l’eliminazione dei tegumenti seminali del frutto e dello strato di aleurone
(i tre tessuti che costituiscono la crusca, e che rappresentano circa il 15%
della cariosside) comporta una drastica diminuzione del contenuto di mine
rali, fibre e grassi
Mentre il contenuto di amido e proteine, racchiu
si prevalentemente nell’endosperma amilaceo, non varia sostanzialmente
all’aumentare del grado di raffinazione della farina. Paragonando i dati sul
contenuto di ceneri della tabella 5 con quelli della tabella 1 si evince che

con i mulini a cilindri, per ottenere farina “00”, è necessario estrarre con
rese inferiori all’80%; per avere farina “0” tra l’80 e l’85%; per avere farine
“1” e “2” maggiore dell’85%. È comunque da sottolineare che questi sono
valori medi e che si possono avere differenze significative nella resa al va
riare della varietà di grano utilizzata e del mulino impiegato.
Le differenze nella composizione delle farine, diversamente raffinate, di
vengono ancora più evidenti se si analizza il contenuto di vitamine.
È da sottolineare infatti che la “perdita” di vitamine dovuta alla raffina
zione al 70% va da un minimo del 37% per la vitamina B
ad un massimodel 85% per la vitamina B3.
 Questo indica che durante i processi di raffi
nazione spinta della farina si perde buona parte delle vitamine contenute
nella cariosside.
Il contenuto di aminoacidi liberi della farina cambia durante il processo
di raffinazione. È importante notare che il contenuto di aminoacidi essen
ziali per l’organismo umano, gli aminoacidi che non siamo in grado di sin
tetizzare e che devono quindi essere assunti con il cibo, diminuisce media
mente del 50% passando da una farina integrale a una di tipo “0”
Per concludere è interessante analizzare come, le differenti intensità di
estrazione della farina, influiscano sul colore della farina stessa e quindi
sulla pigmentazione del pane. Questo carattere è stato, come precedente
mente riportato, uno dei motori fondamentali dello sviluppo della tecnica
molitoria. L’andamento della colorazione della farina in relazione alla resa
è di tipo iperbolico. Mediamente passando dal 70% al 71% di resa si ha un
aumento di sole 0,1 unità di colore (scala di colore secondo Kent-Jones e
Martin). L’aumento di colorazione risulta poi relativamente graduale per
rese fino al 75%. Con rese superiori al 75% si ha un rapido aumento della
colorazione della farina e raggiunto l’80%, un aumento di resa dell’1%,
provoca un incremento di ben 0,7 unità di colore; prescindendo dalle varie
considerazioni sui costituenti della cariosside, è questo il principale motivo
per cui mediamente la resa dei moderni mulini a cilindri si attesta su valori
vicini al 70%.