Il grano Carosella è un seme antico, sopravvissuto alle manipolazioni genetiche, che un tempo si coltivava in molte zone del Cilento e del Sud Italia.

Probabilmente il suo nome deriva dalla volgarizzazione del termine cariosside, che sta ad indicare il chicco secco di grano ancora rivestito dalle glumelle.

Altra ipotesi consiste nel riconoscere la radice comune fra “Caruso” ( nella tradizione siciliana ragazzo con la testa rapata) e carosella ( piccola testa-seme rapata, liscia); allo stesso tempo esiste un’analogia tra la spiga del grano, che risulta carosata , in quanto presenta delle ariste corte sulla sommità della stessa, e il termine caruso.

Il frumento è sempre stato simbolo dell’abbondanza e lo testimonia il fatto che ancora adesso nel gergo popolare il termine grano-grana è considerato sinonimo di denaro: il peso medio di un suo chicco fu addirittura la base per misure, come il grano dei farmacisti e dei commercianti di pietre preziose.

Grano si chiamava una moneta di argento e di rame fatta coniare da Ferdinando d’Aragona nel regno delle Due Sicilie, che equivaleva idealmente alla seicentesima parte di un’oncia d’oro. E se il grano è denaro, dove si poteva riporre se non in un carosello ( piccolo caruso, termine della lingua napoletana, che sta ad indicare un salvadanaio di creta, a forma di testa, ed anche a forma di grano con il germoglio apicale )?

Analogamente al seminatore che sparge e affida il seme-grano al buio della terra, in attesa del miracolo della germinazione, l’uomo avveduto del passato affidava il grano-moneta al ventre rotondo del carosiello, fatto di creta in guisa beneaugurante del chicco del cereale, mettendo da parte un seme per il futuro…

La sopraenunciata presenza di ariste, seppure di piccole dimensioni, lascerebbe pensare alla morfologia macroscopica di un grano duro. Ma proprio questa caratteristica della spiga è indice, invece, dei lunghi anni di lungimiranti incroci operati dalla natura, per arrivare, insieme all’inestimabile opera di selezione fatta dai contadini locali, ad un seme che nella zona di Pruno ha assunto caratteristiche ben definite che rappresentano la preziosa peculiarità della Carosella.

Infatti, si può ben definire un grano tenero per la forma del chicco, che risulta essere piccolo ed allungato, leggero, di aspetto dorato- aranciato e lucido.

Allo stesso tempo il suo provato utilizzo tradizionale nel fare la pasta (fusiddi cavati, tagliolini, lagane e cauzuni) che tiene la cottura, denota un discreto contenuto di glutine e di semola ( caratteristica questa del grano duro), mentre il suo impiego nella panificazione è indice di un equilibrato contenuto di amido.

Osservando l’unità dei chicchi nella spiga, elegante e affusolata, si nota come questa sia un esempio di ordine, di economia di spazio e, di armonia e di uguaglianza. Infatti, nessun altro alimento genera negli uomini sentimenti di fratellanza, amore, socialità e forza. Una caratteristica di questo seme è la sua capacità di esprimere una pianta in cui si apprezza il fenomeno dell’accestimento, grazie al quale, da un solo granello del cereale, mediante la formazione di fusticini secondari provenienti da germogli del fusto principale, traggono origine cespi rigogliosi, capaci di portare decine di spighe e centinaia di chicchi.

In corrispondenza le radici esplorano il terreno con migliaia di ramificazioni la cui lunghezza complessiva è di molte decine di metri. Questa, dunque, è un’altra caratteristica che denota l’appartenenza della carosella ai grani che si possono definire antichi: infatti, questo fenomeno può definirsi un “ricordo “ della grande capacità vegetativa della pianta madre (di natura erbacea tipo la gramigna) nella sfera sotterranea, rappresentata dalla capacità di germogliare contenuta nei nodi delle radici. Se passiamo dalla gramigna al frumento, che è l’elaborazione “naturale” operata dall’uomo, della pianta erbacea originale, questa forza vegetativa sotterranea si è di molto ridotta e si è trasformata in sostanza del seme.

Infatti, mentre nella gramigna abbiamo una grande massa radicale e un potente cespo, ma una spiga quasi vuota, nel frumento troviamo una massa radicale  equilibrata ed una spiga piena, che con le sue qualità alimentari rappresenta il polo del valore nutrizionale e la capacità della pianta di sostenere gli altri regni della natura. La bella spiga è sostenuta da uno stelo cavo di paglia, che può arrivare anche al metro e mezzo ed è quindi espressione del cambiamento delle forze della radice in direzione del seme, che tende ad elevarsi, per incontrare le forze cosmiche dell’etere.

Ai giorni nostri si sta percorrendo la strada inversa e si sta vanificando e mortificando l’evoluzione e la selezione naturale delle specie cerealicole. In questo modo, per adattarle alla trebbiatura meccanizzata e alle altre macchine agricole e per diminuire la produzione di paglia, di cui si ha meno bisogno, sono stati selezionati semi che esprimono piante con la stoppia più corta possibile; ciò si può fare solo con l’ibridazione, con conseguente sconvolgimento del patrimonio genetico dei semi.

Con tali manifestazioni si ritrasferiscono le forze dalla sfera dei semi alla sfera delle radici.

Inoltre, con un massiccio intervento della chimica  si tende a produrre semi più grossi ed in maggiore quantità, contribuendo, così, a rovinare un capolavoro armonico della natura, che l’uomo non può e non deve manipolare impunemente.

Questi processi di degradazione e manipolazione genetica si esprimono in piante di frumento moderno che sono caratterizzate morfologicamente da uno stelo unico con una sola spiga, che sormonta una paglia molto bassa.

Passando ad una analisi del contenuto nutritivo di un grano ottenuto in tal modo, ci troviamo di fronte ad un seme che è stato depauperato delle sostanze minerali della cellulosa, delle vitamine e di molti enzimi, in favore di un aumento del contenuto di amido.

Queste modificazioni essenziali delle parti costituenti il seme, unite alla iper raffinazione delle farine, sono responsabili delle moderne carenze e squilibri alimentari, che si concretizzano, tra l’altro, nella risposta immunologia definita allergia al glutine, che interessa sempre più un crescente numero di persone, il cui organismo non riconosce l’integrità dell’alimento seme.

A conferma di ciò si riporta l’espressione di persone sofferenti di intolleranze alimentari al glutine, che, consumando il grano di Carosella coltivato biologicamente in terreni sani ed equilibrati, hanno costatato il non ripetersi dei fastidiosi sintomi.

E’ utile, a tale proposito, ricordare la naturale morfologia del chicco di grano. Le tre parti fondamentali sono la crusca,(circa il 14% del peso),l’endosperma(85% del peso) e il germe (1% del peso).

.

La prima parte è costituita principalmente da cellulosa e da una parte minima di vitamine. La seconda parte è la più importante dal punto di vista alimentare, perché contiene proteine, carboidrati, ( amidi), minerali, vitamine ed enzimi.

La terza parte  è costituita da grassi molto importanti e vitamina E (olio di germe di grano).

Le sostanze azotate provvedono alla formazione di nuovi tessuti e a mantenere la proporzione dei materiali che costituiscono il nostro corpo. L’amido, la destrina e gli zuccheri subiscono, nel nostro organismo, delle ossidazioni, che danno luogo ad acido carbonico ed acqua con produzione di calore e di energia.

Le vitamine del gruppo B provvedono alla totale combustione degli  amidi, impedendo l’accumulo di rifiuti e favorendo il processo digestivo.

Per quanto sopra esposto, quindi, sarebbe auspicabile il consumo del cereale integrale, in chicchi, e, per gli stessi motivi, l’utilizzo della farina integrale nella preparazione dei suoi derivati.

Se vogliamo dare al pane il ruolo di alimento sostanziale dell’uomo, questo deve essere integrale. Nella farina integrale è presente una giusta combinazione di proteine, grassi, carboidrati ed oligoelementi, quali ferro, zinco, rame, manganese, molibdeno, nichel e magnesio, quest’ultimo utilissimo nel mantenimento dell’armonia biologica dell’organismo umano.

Inoltre, nella farina integrale esiste un complesso di acido ascorbico naturale, la provitamina C, che è così stabile da resistere ad alte temperature, in modo che, anche dopo la cottura al forno, rimane vivo e immutato nella parte interna del pane. Occorre notare che anche la fermentazione naturale della pasta crea un importante incremento del complesso vitaminico B. Il pane integrale, oltre ad avere un bell’aspetto, un buon aroma e profumo e un ottimo sapore, è quindi più nutriente.